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22 - HAI L'AIDS?

Aggiornamento: 21 ott 2021


Eccomi!

Le mie vacanze sono terminate da un paio di settimane ormai. Posso dire che come sempre sono trascorse velocemente e sembrano già’ molto lontane.


Non ho scritto nulla per due mesi. Beh, quasi nulla, ma non posso ancora svelarvi la ragione della mi assenza. Diciamo che non ho scritto nulla sul BLOG per 2 mesi.

Le vacanze sono state un’opportunita’ di passare del tempo con la mia famiglia, vedere i miei amici e concentrarmi su di una cosa: me stesso.



Non sono sicuro di averne gia’ fatto menzione precedentemente, ma sto vedendo da luglio uno psichiatra/psicoanalista. Avevo avuto una seduta un mese e mezzo prima dopo aver avuto una specie di fulminazione. Ma per farlo dovevo superare la vergogna. La vergogna di aver bisogno di aiuto….

Si, nella mia testa ‘strizzacervelli” vuol dire debolezza, inconsciamente ovvio.

Ma e’ chiaro che non la veda più in questo modo.

Ero molto in ansia per il primo appuntamento, che alla fine andò abbastanza naturalmente. Il mio medico di famiglia aveva lasciato un biglietto per la specialista, che le ho passato non appena sono arrivato.

"Quindi hai l'AIDS."

Non la ho lasciata andare, ovviamente, e l'ho subito corretta con: "No, sono sieropositivo", dicendomi che era un errore di vocabolario e che naturalmente, poiché mi ero premurato di correggerlo, lei avrebbe preso atto.

D'altronde, a pensarci bene, che bisogno c'era di specificare nella lettera il mio stato sierologico, sapendo che le ragioni che mi hanno spinto a consultare uno strizzacervelli sono ben altre? mi chiedo ancora.

Proprio alla fine di quella prima seduta c’è stata una battuta d'arresto, e da allora questa frase risuona ancora: "Quello che capisco da quello che mi stai dicendo è che sei sempre preoccupato di piacere, di soddisfare gli altri , colleghi, famiglia, amici a volte, il tuo partner (quando ce n'è uno) Quindi, piuttosto che preoccuparti di compiacere gli altri, chiediti se gli altri ti piacciono.

E’ tremendamente semplice, no? E non cosi facile da metter in pratica, soprattutto perché questa frasi mi colpi’ come se fosse la prima volta che avessi considerato di avere una scelta. Inevitabilmente, ha fatto immediatamente eco sulla mia vita sentimentale ed e’ chiaro, chiarissimo, che se mi fossi interrogato sull’argomento avrei avuto ben poche relazioni.

Mi dico che sono privilegiato e che il mio proposito di vivere meglio con me stesso e davvero centrato su me stesso. Ma allo tesso tempo sento di non avere altra scelta che affrontare questo percorso. Le altre persone, i loro occhi, a tutti i livelli, non colmano i vuoti che sento avere dentro. La risposta non e’ negli altri, ma solo in me stesso.

Per la seconda seduta, una settimana dopo nell’ufficio dello strizzacervelli, un piccolo incidente mi ferì profondamente. Appena inserì la mia tessera sanitaria, la piccola finestra che segnava la presenza di una malattia cronica si apri’.

“hai una malattia cronica di lunga durata?”

Stetti in silenzio, con la sensazione di dover rispiegare un fatto che davo per scontato.

“ah si’, giusto, tu hai l’AIDS”

Risposi immediatamente “No, sono sieropositivo”

Nessun riscontro al mio commento. Ma la seduta fu moto dolorosa per me. 20 minuti di vuoto. Venti minuti da riempire. L’atmosfera era molto tesa per me e credo il mio terapista se ne fosse accorto e termino’ la seduta molto rapidamente. Sulla strata di casa ho rimarginato, scritto e twittato. Non ero per niente felice di quell’errore di vocabolario, dovuto probabilmente ad una mancanza di conoscenza.



Con il senno di poi (e qualche consiglio) avevo 2 opzioni: cambiare il mio strizzacervelli e cercarne un’altro che avesse maggiore conoscenza della materia per evitare l’utilizzo di termini stigmatizzati, chiaramente non benaccetti in quello che dovrebbe essere in teoria uno “spazio sicuro”. Oppure parlarle al mio prossimo appuntamento per spiegare perché la parola AIDS non fosse appropriata e perché fosse molto importante per me fare questa precisazione.

Molte persone mi consigliarono di cambiare dottore, ma non volvo farlo.con un bel po’ di coraggio riuscii a parlargliene molto semplicemente e ne segui’ un lungo scambio sull’argomento. Sono molto fiero di arrese stato capace di dire apertamente che la sua “goffaggine” mi aveva offeso.


Una versione di me non tanto vecchia si sarebbe seduto senza dire nulla, pensando che sarebbe passata con il tempo. Ma non volevo quello. Volevo un rapporto reale basato sulla fiducia e archiviare quello spiacevole episodio il prima possibile. Quale era il senso di fare un percorso con uno strizzacervelli altrimenti?

Quello che e’ interessante poi e’ che ho sempre dubitato che lei non lo abbia fatto di proposito per provocarmi, per generare una reazione e capire se avrei avuto la forza di parlarne.

Forse non e’ cosi, ma in ogni modo mi diede l’opportunità’ di parlare e fui molto felice della scelta che feci.


Non intendo passare in rassegna tutti i dettagli del mio percorso terapeutico, ma ho pensato che fosse interessante condividere questo aneddoto, perché se in quell’occasione avessi seguito il mio primo impulso, non sarei probabilmente mai tornato da lei e avrei vissuto l’intera faccenda com un ennesimo fallimento.

Credo che a volte prendersi il tempo per “educare” gli altri, abbia molto molto senso. Ma gli altri devono essere pronti ad ascoltare. E purtroppo spesso non e’ questo il caso…

C’e una reale differenza tra essere sieropositivo e avere l’AIDS.


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